PIANO CASA IN SICILIA

Pubblicato il da ass. Il Patio

 

            Non sarà un caso se né la Sicilia né la Calabria hanno ancora esitato il loro Piano Casa. Situazioni analoghe di dissesto idrogeologico investono le due regioni, e problemi analoghi sul come fronteggiare, e con quali risorse, le esigenze di messa in sicurezza e la riqualificazione del territorio, dovrebbero fornire lo spunto per innescare un processo comune di azione.

            L’emulazione di un modello generale di Piano Casa, pensato per un territorio tanto vasto quanto articolato come quello nazionale, non può che concretizzarsi in un modello astratto, destinato ad un territorio parimenti astratto.

            Che i recenti fatti alluvionali abbiano influito sulla volontà del Governo regionale siciliano tanto da aver mutato, almeno come appare nell’intitolazione del disegno di legge all’esame della Commissione Ambiente dell’ARS, gli intenti legislativi originariamente vocati al rilancio dell’attività edilizia, è evidente, come è altrettanto evidente, tuttavia, che si è ancora lontani dalla capacità di tradurre quei propositi in una legge coerente con i reali problemi del territorio, cioè a garantire alla nostra regione, uno strumento veramente finalizzato e mirato a dare effettiva risposta all’esigenza abitativa.

            Il problema che la legge dovrebbe affrontare è, a mio parere, quello di dare una efficace risposta al fabbisogno abitativo, individuando quella “formula” che, tra le tante possibili, sia congruente con gli specifici caratteri del territorio. Questo non significa speculare politicamente sulle ultime vicende calamitose ma comprendere che certe prassi di cementificazione selvaggia non sono più sostenibili e che la  priorità, nel governo del territorio, non può che essere assegnata ad azioni e regole tese a garantire sicurezza, unitamente a risposte certe e adeguate all’emergenza abitativa, nelle sue diverse espressioni.

            Un piano siffatto non dà risposta al problema dell’emergenza abitativa pregressa né è pensato per affrontare il fabbisogno nascente a seguito del sempre più incombente dissesto territoriale che sta gettando letteralmente in mezzo alla strada, migliaia e migliaia di incolpevoli cittadini della nostra Regione.

            Un aumento delle volumetrie, secondo il disegno di legge in discussione, non sarebbe destinato ai condomini delle nostre città, che rappresentano la stragrande maggioranza delle tipologie abitative urbane e, pertanto, l’applicazione di tecnologie e tecniche finalizzate al contenimento dei consumi energetici, non avrà né potrebbe avere un’incidenza significativa per una riqualificazione energetica del territorio siciliano, così come il miglioramento sismico delle strutture edilizie non potrà che avere un’incidenza irrisoria se limitato ad edifici isolati, soprattutto se si considera lo stato in cui versano i grandi agglomerati urbani, in cui già solo il rispetto delle distanze antisismiche, costituisce una conquista (Messina docet).

            Inoltre, soprattutto, un piano siffatto, non serve a dare una casa a chi non l’ha e garantisce ben poco, alle pur legittime aspettative di una classe imprenditoriale edile che deve essere invitata e indirizzata dalla Regione, a percorsi di riqualificazione e adeguamento delle proprie competenze e capacità che siano più prossime alle reali esigenze del territorio.

            In linea di principio, peraltro, non mi sembra opportuno che una realtà come quella siciliana possa aderire, più o meno acriticamente, a provvedimenti pensati altrove, dove probabilmente, le esigenze preminenti non sono quelle della tutela del territorio ma del rilancio di un’economia e di un tessuto di piccole e medie imprese che guarda al “piano casa” come ad una buona opportunità di rilancio del settore edile, e dove vi è anche una capacità di spesa diffusa molto maggiore che coincide spesso con quella realtà che detiene la proprietà di manufatti situati al di fuori dei centri storici.

            Inoltre, perché effettivamente si possa avere contezza dei benefici per la collettività, occorrerebbe quanto meno che, già il testo legislativo specifichi e quantifichi, come per esempio si è fatto in altre regioni, la misura di contenimento energetico che deve corrispondere al beneficio in termini di premi di cubatura, rinviando ad altre sedi solo la specifica delle modalità attuative e non, dunque, l’intera questione del contenimento energetico.

            Non è dunque condivisibile quanto sostenuto dall’ANCE nazionale, riguardo l’auspicio dell’uniformità ad un unico modello, delle singole legislazioni regionali in materia di Piano Casa. Comunque, non si ritiene che la strada propugnata, sia opportunamente praticabile, non almeno nell’interesse di tante realtà regionali che, come la Sicilia, devono mettere in primo piano le esigenze di tutela e di estesa salvaguardia delle realtà urbane preesistenti e caratterizzanti il territorio stesso.

            Del resto non è neppure sostenibile la tesi che veda le esigenze di un settore, prevalere nelle scelte governative che devono essere invece dettate da una sintesi tra diverse esigenze. E’ ormai ora di puntare su settori quali quello della riqualificazione territoriale, degli interventi di consolidamento dei versanti e dei rilievi che segnano, da nord a sud, il Paese, investendo in innovazione e su settori come quello agricolo che, in regioni come quella siciliana e calabrese, dovrebbero ridivenire trainanti e significativi economicamente, o su quello turistico e dei beni culturali.

            Il disegno di legge in discussione, peraltro, comporta un effettivo problema di interferenza e commistione con problematiche prettamente urbanistiche, questioni del resto già anticipate dall’Istituto Mediterraneo di Bioarchitettura, con il convegno del maggio scorso a Messina, intitolato non a caso “L’edilizia residenziale pubblica, dall’emergenza abitativa alla riqualificazione del territorio”, al quale hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni, anche della Regione Siciliana, e delle professioni.

            Il dibattito sulla riforma urbanistica regionale, incidentalmente e insufficientemente richiamato nel disegno di legge sul Piano Casa, deve dunque costituire oggetto di specifici provvedimenti nell’ambito dei quali, ad esempio, approfondire la possibilità che la Regione detti linee guida e prescrizioni operative generali, tese ad indirizzare le scelte pianificatorie delle singole realtà locali, sia in termini di tipologie che di criteri ubicativi. Ciò potrebbe consentire da una parte, l’individuazione di quelle realtà abitative da non perpetrare e tanto meno ampliare, e dall’altra, interventi sul territorio, e risorse finanziarie, che consentano l’utilizzo del patrimonio abitativo inutilizzabile per cause indirette di dissesto territoriale. In quest’ottica, anche l’ipotesi di “new towns” non dovrà essere esclusa a priori, ma certamente limitata a casi estremi o usata parzialmente.

            Considerando che già solo le questioni poste in campo, da sole meriterebbero ciascuna un approfondimento legislativo ad hoc, ritengo che la sede non possa essere un provvedimento “piano casa”.

            La Sicilia, peraltro, il cui Governo ha addirittura istituito un Assessorato ai Beni Culturali e per l’identità siciliana, non può non farsi carico dell’affermarsi di una tipologia abitativa coerente con la storia e il carattere dei luoghi.

            Altra questione che mi sembra da attenzionare è la pratica operata dal Governo nazionale di scindere la questione dell’emergenza abitativa dal Piano Casa. Non ne comprendo la finalità né la modalità operativa se l’obiettivo è quello di dare una casa a chi non l’ha e non se la può permettere a prezzi di mercato.

            Tale distinzione sembra riverberarsi anche nel disegno di legge in discussione alla Regione Siciliana mentre invece ritengo che lo specifico strumento dovrebbe contemperare e concentrarsi su tutte le possibili opzioni per garantire una casa alle diverse tipologie di fabbisogno (mediante agevolazioni, sostegni finanziari in funzione del reddito, aiuti per l’affitto  agli anziani, alle giovani coppie, nuovi sfollati, etc.), anche prevedendo l’uso di parte del gettito fiscale, e contemporaneamente intervenire destinando risorse per il recupero del territorio e quindi per il riuso, in sicurezza, delle abitazioni indenni ricadenti in aree dissestate, laddove ovviamente, ciò sia fattibile.

            Occorre insomma individuare un percorso legislativo che venga “tagliato” addosso al territorio stesso e non “inventarsi” esigenze delle quali, francamente, non sente la necessità la stragrande maggioranza dei siciliani.

 

            Una traccia di lavoro in Sicilia, potrebbe essere già individuata nella possibilità di creare una sorta di sovrapposizione del Piano Casa al Piano regionale di Sviluppo Rurale. Ciò significa poter fare rimando alle misure comunitarie che da quel piano possono accendersi in direzione della tutela e riqualificazione del territorio isolano, e cioè della stragrande maggioranza di centri abitati e di abitazioni esistenti e configuranti le modalità abitative regionali, al di fuori dei grandi agglomerati.

            Ciò significa garantire il mantenimento dell’esistente, e quindi dei livelli pregressi di fabbisogno abitativo, qualità del territorio, tutela degli elementi storici significativi e dei caratteri paesaggistici che fanno sia della Sicilia che della Calabria, una entità a sé stante nel panorama complessivo nazionale.

 

            Ad una realtà di “protezione civile” dovranno progressivamente tornare a sostituirsi  i nostri paesaggi culturali e i nostri villaggi ecologici che, nel documento elaborato insieme all’esperto geologo, prof. Mandaglio, nell’ambito delle attività dell’Istituto Mediterraneo, immediatamente dopo il disastro di Giampilieri, Itala e Scaletta, individuavo come punti cardine per la costruzione e la definizione di un circuito regionale di centri urbani.

            Saprà la Regione individuare altre occasioni per la riqualificazione energetica territoriale mettendo in atto e razionalizzando le previsioni di cui al Piano Energetico Regionale che, insieme al Piano di Sviluppo Rurale e ad un Piano Casa dagli obiettivi specifici come testé descritti, costituiranno alcuni degli elementi “chiave” di un progetto articolato e fortemente mirato.

           

 

 

      Caterina Sartori  Presidente “Istituto Mediterraneo di Bioarchitettura Biopaesaggio Ecodesign” e de “L’altra città”.

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